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Entropia: là dove si dispiega il disordine dell’universo.

  • Immagine del redattore: Roberta Mazza
    Roberta Mazza
  • 4 nov 2019
  • Tempo di lettura: 3 min

“Dio fece le due luci grandi, la luce maggiore per regolare il giorno e la luce minore per regolare la notte, e le stelle. Dio le pose nel firmamento del cielo per illuminare la terra e per regolare giorno e notte e per separare la luce dalle tenebre. E Dio vide che era cosa buona.”

E luce fu.

L’orologio segna le tre meno dieci, alzo appena la testa, sono in piedi a capo del letto, ho un bigliettino di carta sgualcito premuto sulla spalla tenuta da una mano stanca. Il mio sguardo è sospeso, incriminato di sospetto. La stanza è vuota: al centro, la lampada irradia costantemente la stessa luce e si uniforma in un solo angolo. Mi chiedo distrattamente cosa succederebbe se spostassi la lampadina o se ne aggiungessi un’altra. Man mano che il mio pensiero si intensifica, accade l’irreparabile: la luce vacilla, cerca di non stramazzare, ma poco dopo… tace e si addormenta. Appoggio delicatamente la mano al vetro della lampadina e cerco di indovinare quali impronte e quali dita l’hanno accarezzata per l’ultima volta.


Per quale ragione ti sei spenta ora? Mi siedo sul bordo del letto e rimango al buio, giro la corolla della lampadina tra le dita e il mio solo desiderio è quello di colmare quel vuoto, ma la meccanica quantistica non è dalla mia, ricordandomi che quel vuoto è pieno zeppo di energia.

L’entropia non è una grandezza direttamente misurabile; la sua presenza non è chiaramente suggerita dall’esperienza quotidiana; essa non è percepibile dai nostri sensi. È una forma di esaurimento, è l’agitazione microscopica delle molecole. Un fenomeno cinetico, che implica la trasformazione di un sistema da stati più ordinati a stati meno ordinati. Vero è che il disordine è fonte di creatività e immaginazione, ma è anche simbolo di confusione e caos. L’ordine, invece, è il fondamento della nostra società, è rigido, artificioso… vuoto. Per qualcuno assolutamente necessario, quasi vitale.

Cavolo, sono le tre meno dieci: l’unica lampadina in camera si è appena esaurita. Era esausta. Non è nemmeno morta sul colpo, quella stronza, no, ha agonizzato per qualche secondo. Improvvisamente il mio ordine mentale si tramuta in disordine, in paura: riempio i polmoni, apro la porta per far entrare un po’ di luce, scivolo nel buio del corridoio e intravedo solo l’ombra di mia madre e la sua nuova tuta bianca a ricami rosa.

Dovrei forse sostituirla, quella lampadina?

Ordine e disordine sono due aspetti della nostra vita che necessariamente coesistono. La lampadina “esausta”, che ha esaurito le sue energie, è lo specchio di ciò che abbiamo dentro, dei nostri vissuti emotivi e del nostro stile di pensiero. Cambiare lampadina significa riordinare le idee, gli ambienti, far luce dentro sé, mettere ordine nella propria vita. Cambiare lampadina è un modo di semplificarci l’esistenza e puntare all’essenziale. È l’unico modo per far entrare la luce del mattino, per lasciare andare tutto ciò che non serve più alla nostra evoluzione: non solo oggetti, ma anche condizionamenti e stili di pensiero che non ci appartengono, che non sono più nostri.

Ciononostante, l’ordine non è una condizione naturale, prestabilita. Maggiore è lo squilibrio che portiamo dentro e maggiore sarà la necessità di punti di riferimento sicuri e solidi. Una vita media di 10 mila ore, 600 mila minuti, una breve agonia e infine una veloce morte termica dell’universo. La morte della lampadina implica la dispersione del calore e della luce: crea il bisogno di un nuovo ordine. Di un nuovo sistema di riferimento a noi impensabile: è proprio quando ci può sembrare di essere stabili, che in realtà siamo di fronte ad equilibri dinamici molto complessi.

L’ordine è necessario per non perdersi, il disordine per ritrovarsi: quando una luce si spegne, una parte del nostro pensiero viene trascinata dalla frenesia dell’inaspettato e si mette anch’essa in modo. L’agitazione è come un continuo mescolare un mazzo di carte: se le carte sono in ordine, il mescolamento le disordina. Così il calore passa dal caldo al freddo e la luce si tramuta in buio: l’uomo viene sopraffatto dal disordine e muore nell’ordine che la vita ha precedentemente stabilito.

Provo a dormire, ho la cuffia fradicia, i segni della mascherina intorno agli occhi, una faccia da matta. Annuisco col respiro, e ipotizzo che ordine e disordine siano dunque correlati all’idea di caos interiore. La lampadina doveva spegnersi proprio in quell’istante? In quanto esseri umani, procediamo solitamente con disordine. È una linea sottile, quella che separa ordine e disordine: il disordine presuppone coraggio, ma dà qualche speranza. L’ordine nessuna, perché niente è più ordinato del vuoto.

Dunque, che fare? Sono una falena, ma ho le ali grevi come sughero, sono rimasta imprigionata in una stanza buia fino al giorno. Rimango in bilico e aspetto l’indomani. …Quando ti riaccendi?

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Euphoria

Roberta Mazza. 

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