I farmaci sono ormai i personaggi dell'icona psichiatrica.
- Roberta Mazza
- 5 dic 2019
- Tempo di lettura: 5 min
Alcuni servizi mi mandano in bestia. (https://www.iene.mediaset.it/2019/news/dipendenza-psicofarmaci-uso-abuso_622189.shtml)
Nonostante le Iene mi siano sempre piaciute, non credo sia possibile inglobare un argomento così complesso, che richiede conoscenze specialistiche in un servizio di 16 minuti, il tutto avvolto da un clima offuscato e poco chiaro, che tende addirittura a sovrapporre i concetti di SSRI e Benzodiazepine.
Ma procediamo con ordine.
Punto I: Come può un colloquio durare 10 minuti e terminare con la prescrizione di benzodiazepine e SSRI?
“Psichiatria” è un termine che è stato coniato nel 1808 e deriva dal greco psyché- ψυχή, cioè spirito, anima e iatreia - ιατρεια,ας ovvero cura. In altre parole, la disciplina si dovrebbe occupare della "cura dell'anima". Innanzitutto, ciò che mi preme sottolineare è che, sin dal XIII secolo, ossia sin dalla nascita delle Corporazioni delle arti e mestieri, come in tutte le professioni, purtroppo, esiste la dicotomia professionisti esperti e meri esecutori incompetenti. Scegliere medico spetta a noi: cerchiamo di non rovinarci la vita a causa di una presunzione spacciata per competenza. Sia lo psichiatra che lo psicologo utilizzano come mezzo per stabilire una diagnosi e come trattamento terapeutico la relazione con il paziente, relazione che essere impostata in modo professionale e che certamente non può limitarsi ad un colloquio di 10 minuti e ad una prescrizione farmacologica. L’intervista psichiatrica solitamente inizia con l’osservazione: l’intervistatore deve tenere a mente che la prima impressione agisce da entrambe le parti. Nel momento in cui il medico, in silenzio, sviluppa e scarta potenziali diagnosi, probabilmente il paziente si sta ponendo le proprie personali domande: lo psichiatra sarà simpatico? Degno di fiducia? Competente?
Ai fini della discussione, il colloquio clinico si suddivide in tre fasi (per una panoramica sulla struttura del colloquio clinico.
La fase iniziale presenta due obiettivi: quello di comprendere ed esplorare la preoccupazione principale del paziente e quello di fornire all’intervistatore il tempo e le informazioni per iniziare a fare qualche ipotesi provvisoria sul paziente. Questa fase è definita anche “fase di riscaldamento e screening”: mentre il paziente parla, il medico presterà attenzione a come il soggetto si veste e si muove, parla e interagisce. L’intervistatore-osservatore inizierà a sviluppare un’ampia gamma di teorie sul paziente pochi minuti dopo averlo incontrato. Verso la fine della fase iniziale del colloquio, il medico si è fatto un’idea delle probabili diagnosi e delle valutazioni provvisorie che le contemplano. Il resto dell’intervista prevede essenzialmente il completamento di tre compiti già avviati durante la fase iniziale: decorso clinico, raccolta di altri aspetti dell’anamnesi del paziente ed esame dello stato mentale. In linea generale, il colloquio clinico non è completo senza una discussione relativa alla diagnosi e al trattamento. Questa conversazione potrebbe svolgersi al termine della sessione iniziale, oppure durante una sessione successiva, dopo che l’intervistatore ha avuto la possibilità di ottenere più informazioni, vedere il paziente per una seconda (o terza) visita o ha ricevuto una supervisione. Inoltre, il tatto e la tempestività, nonché la comunicazione non verbale e l’osservazione sono cruciali. Non è facile bilanciare i diversi obiettivi del colloquio psichiatrico, ma il compito è facilitato dall’utilizzo attivo di caratteristiche interpersonali quali curiosità e calore. Come può dunque un colloquio durare 10 minuti e terminare con la prescrizione di benzodiazepine e SSRI?
PUNTO II: Che differenza c’è tra SSRI e benzodiazepine?
Il video crea confusione. Le benzodiazepine rappresentano la categoria di farmaci maggiormente prescritta in Italia. Cosa sono?
Se non siete abbastanza forti per un farmaco che potrebbe uccidere un elefante, come gli antipsicotici, quasi sicuramente vi sarà prescritto un farmaco della categoria delle benzodiazepine. I farmaci efficaci nel trattamento della sintomatologia ansiosa si suddividono in base alla struttura chimica e possono essere classificati come Benzodiazepine (BDZ), Ansiolitici a struttura varia, Ansiolitici glicocolici, Ansiolitici difenilmetanici e Ansiolitici indoazolici. Solitamente le benzodiazepine sono utilizzate per ridurre i disturbi d’ansia (come nel caso del Diazepam, Lorazepam, Bromazepan), per ridurre l’insonnia tramite azione ipnotica e vengono infine utilizzati con lo scopo di sedare la convulsione o come miorilassanti.
Poiché è molto comunque la dipendenza da BDZ, l’insorgenza della tolleranza, l’insorgenza dei sintomi di astinenza, il desiderio persistente della sostanza, è necessario seguire le indicazioni del professionista.
Per quanto riguarda le SSRI, questi inibiscono il trasportatore responsabile della ricaptazione di serotonina (il SERT) e sono tra i farmaci più usati per la terapia della depressione, dei vari disturbi d’ansia, del disturbo ossessivo-compulsivo, di alcuni disturbi alimentari. Nel video in questione è stata citata la Sertralina, approvata per il trattamento della depressione, per il trattamento della fobia sociale, del disturbo da attacchi di panico (con o senza agorafobia), del disturbo da stress post-traumatico e dei disturbi ossessivo-compulsivi (OCD). Gli antidepressivi, a differenza delle benzodiazepine, fanno effetto dopo ¾ settimane, durante le quali sono comuni effetti collaterali come insonnia, capogiri, sonnolenza, aumento dell’ansia, manifestazione di pensieri suicidi, mal di testa, diarrea, nausea, secchezza della bocca, assenza di eiaculazione, affaticamento, disturbi della vista, ronzio alle orecchie, palpitazioni, vampate di calore; sono effetti che spesso portano il paziente ad interrompere il trattamento dopo una settimana.
Parliamo ora di dipendenza. Sapete come agisce lo Xaxax in 24 ore?
Tempo fa avevo letto un’intervista su “Rolling Stone” in cui un musicista raccontava la sua dipendenza dallo Xanax.
“Nella vita mia ho buttato giù di tutto, ma non mi ero mai ridotto come con lo Xanax. Una mattina ho spaccato la porta del ripostiglio, perché ero sicuro che dentro avessero nascosto un blister di farmaci. Non c’era nulla.”.
Niccolò dà l’ultimo tiro alla Marlboro scroccata, seduto al tavolino di un chiosco, e manda via per la seconda volta la cameriera. Ha 24 anni e vive sui Navigli. «Fino a stasera niente alcool, non mi sono ancora nemmeno fatto una canna».
“Verso la fine dell’anno scorso ero mega stressato», racconta. «Avevo continui attacchi di panico, così ho iniziato a prendere gocce di Lormetazepam. Ma chi oggi domina la scena è lo Xanax.”
Un giorno molla il lavoro, inizia a darci dentro. Prende 15 pastiglie al giorno e così va avanti per un paio di mesi, rimanendo sul divano tutto il giorno con gli occhi ribaltati.
Questo perché? Cosa succede quando prendiamo una compressa? Poiché non ho alcuna competenza per descriverlo, tralascerò gli effetti medici, rendendo un po’ più semplice la faccenda. Gli effetti dell’Alprazolam (chiamiamolo col suo vero nome, porello!) cominciano dopo circa 20/30 minuti. Cominci a sentirti rilassato, forse un po' addormentato. A seconda di quanto ne hai preso, potresti notare nei cambiamenti nella percezione. La vista un po' annebbiata, forse. Gli effetti sono al massimo dopo un'ora. Con una dose più alta, potresti avere problemi di coordinazione. Se ne hai preso un sacco, potresti andare in blackout. In grado di funzionare, ma senza memoria di aver fatto alcunché. Ci vogliono diversi giorni perché lo Xanax venga smaltito completamente dal corpo. Ma gli effetti più importanti svaniscono dopo poche ore. La sostanza anzitutto si stacca dai recettori GABA A (recettore ionotropo) nel cervello e viene sminuzzata dagli enzimi e dal fegato, e infine eliminata dall'apparato escretore. È nel momento in cui si stacca dai recettori che cominciano, potenzialmente, i problemi. L'effetto sedativo inizia a svanire, ma il cervello sta ancora cercando di mantenere un equilibrio. Questo può risultare in un down piuttosto brutto, in cui potrebbe verificarsi un incremento improvviso dell'attività cerebrale, che può farti sentire molto ansioso.
Punto III: I farmaci sono un salvavita in alcuni casi, permettono di condurre una vita normale. Smettiamola di convincerci che sia sufficiente aver forza di volontà o svolgere quotidianamente attività fisica. Una persona depressa non ha la forza di alzarsi dal letto, di camminare… volete provare voi a chiederle di guidare la macchina e andare in palestra e correre su un tapis roulant?
Ricordiamoci però che i farmaci sono un mero palliativo, motivo per cui devono essere accompagnati da una terapia psicoterapeutica e presi SEMPRE sotto la supervisione medica. NON FACCIAMO DI TESTA NOSTRA, NON ROVINIAMOCI LA VITA.

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